Giunti alla fine di questa strana stagione calcistica in era pandemica, mi sento in dovere di prendere in prestito una domanda che Raf si poneva in una celebre canzone degli anni ’80. E, aldilà di tentativi da parte della proprietà negli ultimi giorni di celebrare la salvezza e il buon operato della guida tecnica (solo Iachini, però al quale andrebbe dedicata una statua), l’unica cosa che rimane è l’esplosione di Vlahovic.
Per il resto la stagione è assolutamente da dimenticare, al di sotto degli obiettivi che la stessa proprietà si era data, vale a dire migliorare la posizione di classifica della stagione precedente, stando stabilmente nella parte sinistra della classifica.
Gli errori sono stati molti. Il primo, che ha riguardato tutti (sportivi, tifosi, addetti ai lavori) è stato quello di avere ritenuto che gli acquisti fatti avessero migliorato tecnicamente la squadra. L’assenza, però, di un ritiro precampionato che potesse formare una precisa identità e la dipartita di Chiesa sono stati i primi problemi. Le precarie condizioni fisiche iniziali di Pezzella hanno reso la nostra difesa meno sicura (ed era una delle poche certezze della precedente stagione), l’inserimento mai riuscito di Callejón, gli infortuni di Ribery, sono diventati subito altri problemi che non hanno permesso alla squadra di fare punti.
La squadra ha perso certezze con una posizione di classifica incerta, la critica è diventata sempre più forte e si è arrivati al cambio di guida tecnica sperando che un allenatore più propositivo rispetto a Iachini potesse far rifiorire il gioco. Così non è accaduto, anche se a Prandelli, al quale recentemente non è stato tributato nessun ringraziamento, va il grande merito di aver dato la maglia di titolare a Vlahovic.
Da quel momento, dai primi rigori calciati in situazioni difficili, è cominciata la crescita del centravanti che è davvero, dall’alto dei suoi 21 goal, la più bella vittoria della Viola di quest’anno.
Ora da questa certezza (e da poche altre) è necessario ripartire.
Buon lavoro a tutti.