Devo purtroppo confessare che, guardando Fiorentina-Atalanta, ho provato un vero imbarazzo. Ho visto una squadra da Champions, quale effettivamente è l’Atalanta, prendersi gioco dell’avversario come se giocasse la partita di allenamento infrasettimanale contro una squadretta di periferia. La Fiorentina nei primi 45 minuti è stata sopraffatta dall’intensità agonistica, dalla velocità di palla, dalla fisicità dei giocatori dell’Atalanta, superiori di gran lunga a quelli viola.
La Fiorentina che è uscita dal campo dopo la partita, non è una squadra viva, nonostante avesse raggiunto il pareggio; è una squadra completamente demolita e annientata dall’avversario, checché ne dicano Pradè e Iachini, le cui dichiarazione mi hanno creato un imbarazzo ancora più grande di quello che ho provato nel vedere la partita.
E questa volta non possiamo nemmeno recriminare sulla differenza di fatturato, sul costo dei giocatori, sul monte ingaggi, perché la Fiorentina su ognuno di questi punti ha numeri superiori all’Atalanta. E allora come mai questa differenza di rendimento?
Semplice: a Bergamo conoscono molto bene – a differenza che a Firenze – il significato della parola programmazione; per onestà intellettuale non sarebbe giusto imputare tutte le colpe all’attuale proprietà; questo decadimento è iniziato, infatti, nel 2016 in epoca Della Valle, una maledizione che si è abbattuta su Firenze e che non sembra, per il momento, volersene andare.
Ci sono prospettive per tempi migliori? Certamente sì. L’attuale proprietà è solida, determinata, basta vedere come si è mossa in maniera rapida e decisa per la realizzazione del centro sportivo; quindi basta usare la stessa determinazione nella gestione della squadra e i risultati dovrebbero arrivare; la Fiorentina non può, la prossima stagione, lottare per il quarto anno consecutivo per non retrocedere, questo non deve accadere. La giusta dimensione di Firenze è la quinta-sesta posizione in classifica, non lo dice un tifoso dalle aspettative esagerate, ma i numeri e la storia della società.
Mi auguro quindi che dietro le dichiarazioni di facciata del presidente ci sia in realtà la consapevolezza di dover affrontare già da oggi la rinascita viola, sapere su quale allenatore puntare, su quale direttore sportivo e che vi sia totale sintonia tra i due; avere ben presente su quali giocatori scommettere e su quali no; una società che vuole tornare grande fa di tutto per trattenere Vlahovic: di un giocatore di 21 anni, capace di segnare 15 gol in una squadra che non fa certo della creazione di azioni da gol la propria caratteristica, non e ne può fare a meno se si vuole crescere e non buttare quel poco di buono che siamo riusciti a produrre in questi due anni sciagurati.
Di un giocatore di 38 anni, invece, che costa oltre 4 milioni netti l’anno, tenuto conto che, nei soliti due anni, ha resto meno in termini di risultati calcistici rispetto a quanto ha guadagnato, se ne può fare tranquillamente a meno e investire quei soldi in progetti più a lungo termine; con tutto il rispetto che si deve al passato glorioso di un fuoriclasse come Ribery.
Questa la strada da tracciare per tornare a tempi migliori, speriamo che venga seguita e che non si insita nel percorrere quel sentiero irto e tortuoso che stiamo ancora oggi percorrendo, perché alla fine di quel sentiero c’è la Serie B.