Prendiamo spunto dalla partita Fiorentina-Milan per dire tre cose. La prima: la Fiorentina ieri ha giocato bene (almeno per 70 minuti). Ha giocato per vincere. Ha dovuto subire errori arbitrali eclatanti (il calcio di rigore mancato per il fallo su Ribery e il gol in apertura di Ibrahimovic viziato da un fallo evidente su Pezzella) e ha recuperato, andando in vantaggio, dopo aver subito il contraccolpo del primo gol del Milan. Ha giocato alla pari con la seconda in classifica che ha una rosa nettamente superiore a quella Viola (ma questo punto lo riprenderemo dopo). Abbiamo spesso criticato (giustamente) la Fiorentina ma stavolta non ci sentiamo di farlo, quantomeno non come al solito. E questo perché la Fiorentina, nel suo undici iniziale, ha giocato con voglia, carattere e schemi di gioco che hanno messo in difficoltà, eccome, il Milan.
La seconda: Prandelli. Non ci è piaciuta la stanchezza a fine partita e il non presentarsi alle interviste post partita. È vero, il calcio a certi livelli provoca stress, specialmente se si è anche tifosi della squadra che si allena. E Cesare è uno di noi, su questo non c’è dubbio. Ma un allenatore è pagato per questo e non vogliamo che dia impressione di debolezza. E oggi la Fiorentina non ha certo bisogno di debolezza.
Ma non possiamo non riconoscere a Cesare quel che è di Cesare. Con il materiale umano a disposizione è riuscito a ricostruire giocatori dimenticati come Eysseric, spesso uno dei migliori in campo. Vlahovic, prima impalpabile e oggi diventato insostituibile e molto più presente e determinante per la squadra. Punto di riferimento per movimenti e reti. Martínez Quarta è oggi una pedina importante della difesa Viola. Igor e Venuti, due elementi su cui contare per costanza di rendimento (pur con gli evidenti limiti noti di ciascuno di loro). Infine Pulgar, uscito dai radar (forse anche per il Covid), oggi è rientrato a pieno titolo nell’11 titolare. Quindi tanto di cappello a Prandelli anche se – lo ripetiamo – probabilmente è un ex allenatore che non potrà dare più di questo, non potrà essere più di un buon padre di famiglia all’interno dello spogliatoio. In sostanza non potrà essere l’allenatore della Fiorentina del 2021/2022. Questo deve essere chiaro a tutti ma soprattutto si spera sia chiaro alla proprietà.
La terza: questi giocatori e questa squadra stanno lottando per non retrocedere e possiamo anche fare una partita intensa e vincere con una grande, come ha fatto il Benevento a Torino contro la Juventus. Ma i valori sono questi. È una squadra mediocre, senz’anima e con scarsa qualità oltre ad essere male assemblata. Quando vedo il numero 10 sulla maglia di Castrovilli, sto male per lui. Quel numero è un peso e si vede. E Castrovilli non ha la forza (e la qualità), oggi, per portarla sulle spalle. Pezzella, come ha detto qualcuno, in altri tempi non si sarebbe fatto spostare con una spallata come ha fatto Ibra l’altra sera. Milenkovic, come sappiamo è già altrove. Venuti mostra grande abnegazione ma ha dei limiti evidenti e ben noti. Pulgar, centrocampista che starebbe bene al Bologna.
Ma andiamo alle seconde linee ovvero a quelle che ci hanno fatto perdere la partita con il Milan. Sì, perché sia chiaro, le partite oggi si vincono quando si ha la possibilità di non snaturare la squadra con i cambi, come ha fatto il Milan. Mentre il Milan faceva entrare Castillejo, Bennacer, Meitè e Krunic, la Fiorentina metteva Venuti, Callejón e Kouamé (gli ultimi due non hanno quasi toccato palla, sembravano ex giocatori). Altri cambi non erano pensabili, il che è tutto dire. Questa è la verità. Con i cambi, mentre la Fiorentina determina in negativo una partita, altre squadre, di categoria superiore, possono addirittura migliorare in corsa. Fermi i valori dell’11 titolare, la differenza è tutta qui.
Allora finiamo alla svelta questo campionato ma, francamente, vorremmo che la proprietà avesse le idee chiare sul futuro. Che allenatore prendere? Che progetto di squadra? Che direttore sportivo servirà per puntare verso traguardi diversi e più consoni per una squadra come quella Viola? Non vorremmo attendere nuovamente la fine del campionato per raccogliere gli scarti. Almeno questa volta.
Il primo anno è il primo anno. Il secondo è stato di assestamento e il Covid non ha aiutato. Il prossimo è il terzo della gestione Commisso. Sbagliare ancora vorrebbe dire che le intenzioni della proprietà non sono quelle promesse. Ricordiamo le prime parole del patron viola: «Sono qui per vincere non per svendere. Federico Chiesa fa parte degli asset societari». Chiesa lo abbiamo dimenticato. Ma se si è qui per vincere, occorre che oggi alle parole seguano i fatti. Noi stiamo con Rocco.